Un cannabinoide non psicoattivo contro il carcinoma prostatico

Un cannabinoide non psicoattivo contro il carcinoma prostatico

Un gruppo di scienziati dell’Istituto di chimica biomolecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR – ICB) ha scoperto che un componente non-psicoattivo della Cannabis potrebbe avere un effetto positivo sul metabolismo del carcinoma prostatico, aprendo la strada all’uso di cannabinoidi non psicotropi come coadiuvanti per il trattamento del cancro alla prostata. Il loro studio, pubblicato sulla rivista Pharmacological Research, si concentra sulla capacità del componente CBD di contrastare la fase in cui il carcinoma prostatico diventa refrattario alla terapia ormonale.

Secondo Alessia Ligresti, prima ricercatrice del CNR – ICB e coordinatrice della ricerca, le cellule tumorali, in particolare quelle in fase avanzata, sono in grado di modificare il loro metabolismo per supportare la maggiore richiesta di energia, nota come riprogrammazione metabolica, che gioca un ruolo chiave nell’oncogenesi del cancro alla prostata e nell’acquisizione della resistenza ai farmaci.

I cannabinoidi di origine vegetale sono stati usati per molti decenni come agenti palliativi per i malati di cancro, ma negli ultimi anni diversi composti simili e farmaci a base di cannabinoidi sono stati oggetto di intense ricerche per la loro potenziale attività antitumorale. In particolare, il CBD, approvato dalla FDA e già prescritto per trattare le convulsioni associate a diverse forme di epilessia infantile, potrebbe essere particolarmente efficace nel ridurre la crescita del cancro alla prostata refrattario agli ormoni, prendendo di mira i mitocondri.

La ricerca, infatti, ha dimostrato che il CBD è in grado di colpire specificamente la plasticità metabolica del carcinoma modulando la bioenergetica dei mitocondri, la “centrale elettrica” delle cellule. La proteina chiave che regola la funzione mitocondriale, responsabile sia del metabolismo cellulare che della via di segnalazione della morte/sopravvivenza cellulare, è VDAC1. Legandosi al VDAC1, il CBD determina un’accelerazione del metabolismo della cellula tumorale, innescando meccanismi di compensazione che attivano la cosiddetta morte programmata. Lo studio sottolinea l’importanza di utilizzare queste molecole in combinazioni ottimali per sfruttare appieno il loro potenziale terapeutico come agenti antitumorali. Secondo Ligresti, questi risultati dovrebbero favorire futuri studi, compresi studi clinici, sul possibile uso di cannabinoidi non psicotropi come coadiuvanti per il trattamento del cancro alla prostata.

Autore: Redazione

Fonti:

https://ricerca2.unibs.it/?p=23047

https://www.italiasalute.it/1479/Un-cannabinoide-non-psicoattivo-contro-cancro-prostatico.html

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