Il campo delle interstiziopatie polmonari fibrosanti ha subito negli ultimi venti anni una significativa evoluzione, con incremento sia di incidenza che, soprattutto, di consapevolezza da parte della comunità scientifica, e di quella pneumologica in particolare. La fibrosi polmonare idiopatica (IPF, idiopathic pulmonary fibrosis), malattia rara a prognosi infausta, ha rappresentato un modello innovativo di studio di straordinario interesse. Sin dalla pubblicazione nel 2002 del primo documento di consenso delle principali società scientifiche internazionali sulla diagnosi e terapia (ed in attesa del terzo aggiornamento) sono stati fatti enormi passi in avanti. La proposta del team multi-disciplinare quale gold standard diagnostico ha sensibilmente allargato gli orizzonti con una veduta ampia su tutti i domini relati alla patologia, il cui decorso clinico è gravato dalla concomitanza di serie comorbidità (ipertensione polmonare, sindrome delle apnee ostruttive del sonno, altro) e da inesorabili complicazioni (insufficienza respiratoria) ed eventi acuti o di accelerazione. La ricerca farmacologica, dall’altra, ha fatto sì che oggi siano disponibili in commercio due farmaci anti-fibrotici (pirfenidone e nintedanib) che rallentano la progressione di malattia con significativo impatto su eventi avversi, quali le ospedalizzazioni e le esacerbazioni acute, con l’effetto di un prolungamento della sopravvivenza (...)