JWST – un telescopio nello spazio che non somiglia per niente ad un telescopio

JWST – un telescopio nello spazio che non somiglia per niente ad un telescopio

Il 25 dicembre 2021 è stato finalmente lanciato nella spazio il successore del famosissimo telescopio Hubble, il James Webb Space Telescope!

Nell’immaginario collettivo, un telescopio ha la forma di un lungo cilindro con lenti e specchi ed è in grado di osservare cose lontane (dal greco tēle, lontano e skopein, vedere).

E’ risaputo inoltre che il potere di ingrandire le immagini, l’ingrandimento appunto, dipende dalla sua “stazza”: più è lunga la struttura e più è grande lo specchio e la lente, maggiore sarà l’ingrandimento ottenuto. Hubble ad esempio è lungo circa 13 metri ed ha uno specchio di 2,4 metri di diametro; Webb ne vuole essere il successore!

*nell’immagine, il logo della missione JWST

Ma allora perché abbiamo mandato nello spazio un oggetto che somiglia ad una barchetta di carta con una parabola in cima?

A ben guardare infatti il JWSP non somiglia per niente ad un telescopio!

Iniziamo con il dire che il JWST non è un telescopio che “vede” le frequenze ottiche, ma quelle infrarosse che provengono dallo spazio più profondo; inoltre, al contrario di Hubble che orbita intorno alla Terra, JSWT orbita intorno al Sole, a circa un milione e mezzo di km da noi!

Fin dall’inizio della sua progettazione, iniziata alla fine degli anni 90 e che ha visto coinvolti la NASA (USA), l’ESA (Europa) e la CSA (Canada), i più grandi problemi da risolvere per superare Hubble, si sono rivelati 3:

  1. Aumentare la dimensione dello specchio primario
  2. Mantenere lo strumento “freddo” perché l’infrarosso è molto sensibile alla temperatura
  3. Evitare collisioni con altri satelliti e periodi di buio dovuti al transito della Luna, nonché interferenze dovute all’attività umana nell’orbita terrestre

Con la tecnologia a nostra disposizione, non ci è possibile inviare nello spazio oggetti eccessivamente voluminosi perché è necessario che siano contenuti all’interno di un razzo, detto vettore.

Per risolvere il problema delle dimensioni contenute, la soluzione è stata quella di utilizzare uno specchio composito, fatto cioè da 18 elementi esagonali in berillio, ricoperti da una lamina d’ora spessa appena 100 nanometri (0,0000001 metri). I segmenti possono essere ripiegati per occupare meno spazio.

*Nell’immagine il JWST ripiegato per entrare nell’alloggiamento del vettore

Lo specchio aperto in fase di lavorazione e test

Il secondo problema era relativo alle osservazioni nelle frequenze dell’infrarosso. Queste sono molto sensibili alle variazioni di temperatura ed è quindi necessario mantenere tutti gli strumenti più al freddo possibile.

Visto che nello spazio la temperatura è prossima allo zero assoluto (circa -273°C) potrebbe sembrare una cosa semplice; in realtà il nostro Sole irradia tutto il Sistema Solare con una quantità di energia spaventosa!

Per ovviare, è stato realizzato uno scudo termico in grado di disperdere efficacemente e velocemente il calore.

Anche in questo caso bisognava trovare una soluzione leggera e compatta: una schermatura di 5 strati di Kapton, sottili e ripiegabili che conferisce al Webb quella particolare forma a “barchetta di carta”.

una volta tenuto al freddo il lato con lo specchio però, c’è stato bisogno di realizzare tutta la strumentazione di bordo in grado non solo di operare a quelle temperature, ma anche di emettere il minor calore possibile: una sfida tutt’altro che facile, ma superata con successo!

Qui è possibile vedere le attuali temperature dei suoi sensori

Due degli specchi e diversi sistemi di puntamento e rilevazione, sono stati realizzati per l’ESA in Italia dalla Leonardo

Video del dispiegamento dello scudo termico e dello specchio primario
Lo scudo termico dispiegato, 21 per 14 metri

Perché osservare l’infrarosso?

Le frequenze infrarosse sono quelle che attraversano meglio le nubi di polvere stellare, consentendo di vedere anche l’interno delle galassie e i sistemi in formazione.

L’infrarosso è quindi una radiazione elettromagnetica che ci fa scorgere cose molto più lontane; grazie alla teoria della relatività sappiamo che cose più lontane nello spazio significa cose più lontane nel tempo! In astronomia il concetto di “lontano” trascende di molto il nostro utilizzo quotidiano del termine; essendo la velocità della luce una costante insuperabile, le informazioni che ci giungono da stelle distanti diecimila anni luce (sono circa 95 seguito da 15 zeri, kilometri) ci mostrano come erano diecimila anni fa!

Astronomia infrarosso – Wikipedia

Il terzo problema era: dove posizioniamo questo capolavoro tecnologico?

Affinché fosse stabile e sempre operativo, è stato scelto il punto lagrangiano L2 per la sua orbita.

Il “ballo cosmico” delle orbite è un gioco sottile di masse e distanze. Il coreografo principale è il nostro Sole che possiede oltre il 99% della massa di tutto il sistema solare: tutto gira intorno ad esso!

Se pero il rapporto tra masse e distanze è corretto, si può ballare in coppia (o in gruppi) come accade a noi con la Luna o a Giove con i suoi 4 satelliti maggiori (più altri 75 minori).

In generale, più si è lontani dal Sole, più la velocità angolare è bassa: inviare quindi qualcosa molto lontano da noi significa inevitabilmente vederlo ruotare con una velocità differente intorno al sole e quindi perderne il sincronismo.

Esistono però dei punti speciali nella pista da ballo: i punti lagrangiani.

Nel sistema Terra-Sole questi punti sono essenzialmente 4, indicati con L1, L2, L3 ed L4: lì le interazioni gravitazionali della Terra, sommate a quelle del sole, consentono di ottenere orbite particolari.

Nel punto L2 infatti, nonostante una distanza dalla Terra di circa un milione e mezzo di kilometri, l’influenza terrestre fa si che l’orbita si mantenga sincrona: il Webb ruota intorno al Sole esattamente come la Terra (con la stessa velocità angolare), mantenendosi sempre sull’asse Sole-Terra-Webb

La scelta di L2 quindi risolve tutte le problematiche legate ad una eventuale vicinanza con la Terra, proponendone però delle nuove. A quella distanza infatti è impossibile effettuare manutenzione! Tutto doveva essere perfetto e non potevano essere commessi errori. Non a caso il lancio del Webb è stato rinviato più e più volte per verifiche e presunte imperfezioni (il primo lancio era previsto per il ottobre 2018, il lancio effettivo è avvenuto il 25 dicembre 2021)

E adesso?

Adesso aspettiamo, il Webb ha raggiunto la sua posizione definitiva il 25 gennaio ed ha completato correttamente tutte le operazioni per il dispiegamento della vela, degli specchi e di tutte le strumentazioni!

Ora sta calibrando gli specchi, muovendoli di frazioni di millimetro affinché l’allineamento sia perfetto

Adesso aspettiamo che inizi la parte di ricerca scientifica, consci di avere adesso nello spazio un occhio tutto nuovo per scrutare l’universo!

Sitografia:

  • JWST.nasa.com
  • nasa.com
  • esa.com
  • wikipedia.com
  • chpdb (gruppo Facebook)

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