Negli ultimi mesi, il dibattito sulla carne coltivata in laboratorio ha acceso le discussioni, con il Ministero dell’Agricoltura, la Coldiretti e altri esponenti che sollevano il “no” alla sua commercializzazione in Italia. Definita erroneamente “sintetica” o addirittura “carne di Frankenstein”, questa innovazione ha suscitato timori riguardo al suo impatto sul mercato tradizionale della carne.
La Food and Drug Administration statunitense ha recentemente dichiarato sicuro il consumo delle polpette di pollo coltivate in laboratorio, ma, nonostante ciò, l’arrivo di questa carne nei supermercati sembra ancora lontano. Solo due ristoranti al mondo offrono attualmente prodotti a base di carne coltivata, evidenziando che siamo ancora in una fase iniziale di sperimentazione.
Il Prof. Stefano Biressi, esperto di biologia molecolare all’Università di Trento, spiega che, nonostante l’approvazione della FDA, il processo di produzione rimane complesso, lungo e costoso. Attualmente, la carne coltivata è principalmente utilizzata in polpette o carne macinata, poiché dare una struttura simile a una bistecca è una sfida in corso.
Biressi e il collega Luciano Conti, associato di biologia applicata, illustrano come il processo inizi con una biopsia di cellule muscolari dell’animale. Tuttavia, diversi ostacoli, come l’efficienza del processo e il costo, devono essere superati per rendere la carne coltivata una realtà su scala industriale.
In ottica ambientale, la carne coltivata si presenta come una soluzione sostenibile rispetto agli allevamenti intensivi. Riduce il consumo energetico, le emissioni di gas serra, l’uso del suolo e il consumo d’acqua. Tuttavia, le stime sono approssimative e richiedono ulteriori ricerche per ottimizzare il processo.
Il mercato globale della carne coltivata è in crescita, con Cina e Stati Uniti in prima fila negli investimenti. Oltre a essere considerata come alternativa alimentare, la carne sintetica potrebbe trovare applicazioni nel settore degli animali domestici e persino nel mangime, contribuendo a ridurre la dipendenza dagli allevamenti intensivi.
La start-up italiana Bruno Cell è all’avanguardia nelle ricerche sulla carne colturale, evidenziando la prospettiva di un mercato globale che va oltre le frontiere nazionali. La contrapposizione tra carne coltivata e tradizionale sembra meno necessaria, con alcuni dettaglianti, come il macellaio Massimo Cis, che vedono la carne coltivata come un’opportunità di sostenibilità senza sostituire i prodotti tradizionali.
In conclusione, nonostante le resistenze e i timori, la carne coltivata rappresenta un passo verso un futuro alimentare sostenibile ed etico. Le sfide rimangono, ma l’interesse globale e la ricerca in corso indicano che potrebbe essere solo questione di tempo prima che questa innovazione trovi il suo spazio nei nostri piatti.
Autore: Redazione
Fonti:
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2666765722001508